AdSense

martedì 7 aprile 2020

ALIMENTAZIONE NELLA CELIACHIA

     La celiachia è una malattia cronica, una condizione spesso a rischio di complicanze, che però una diagnosi precoce e un corretto regime alimentare possono portare a completa remissione dei sintomi.      
    È una patologia su base autoimmunitaria di natura sistemica, che si manifesta prevalentemente a livello intestinale, per lo sviluppo della quale sono necessari due fattori: uno ambientale, scatenato dal consumo di glutine nella dieta, ed uno genetico, dato dalla presenza delle molecole DQ2/8 sulla membrana delle cellule del sistema immunitario. Solo il 3% comunque delle persone geneticamente predisposte, che consumano glutine, sviluppa prima o poi la celiachia. Questo significa che...



esistono uno o più fattori che scatenano la malattia. Il glutine è una proteina vegetale contenuta nel frumento, orzo e segale, ma anche in farro, kamut, avena, spelta e triticale. È il contatto tra glutine e mucosa intestinale che scatena la reazione infiammatoria, che il sistema immune rivolge verso se stesso ed in primis contro la mucosa intestinale.

     Questo articolo si basa sulle le più aggiornate linee guida, sulle raccomandazioni internazionali e sulle norme di buona pratica clinica.

     La malattia si manifesta con quadri clinici estremamente diversi e polimorfi. Nella presentazione tipica la malattia si presenta con sintomi gastrointestinali (diarrea, vomito, meteorismo, inappetenza, arresto della crescita) e caratteristicamente esordisce solitamente nei primi 6-24 mesi di vita, a distanza di tempo dallo svezzamento, che coincide con l'introduzione del glutine nella dieta. Si accompagnano anche segni clinici e laboratoristici dovuti al malassorbimento, come anemia, alterazioni della coagulazione, edemi, deficit di vitamine e oligominerali. La presentazione tipica interessa circa un terzo dei casi ed è preceduta da benessere e crescita regolare. Questa forma sta diventando però ormai rara, mentre è in aumento l’incidenza della forma tardiva, caratterizzata da sintomi gastrointestinali atipici o da manifestazioni extra-gastrointestinali, isolate o associate tra di loro. Lo sviluppo di test sierologici atti ad evidenziare la presenza di anticorpi specifici per la malattia celiaca ha permesso, inoltre, di definire la forma silente, in cui non ci sono sintomi, ma sono presenti gli anticorpi tipici e le medesime lesioni intestinali delle forme sintomatiche e una forma potenziale, caratterizzata da positività per anticorpi e negatività della biopsia.
 
     La diagnosi è data dalla dimostrazione di positività per anticorpi anti-transglutaminasi (TTG) o antiendomisio (EMA) di classe IgA, che praticamente sempre si accompagnano ad un genotipo HLA DQ2 o DQ8. La biopsia duodenale è, a tutt’oggi, il “golden standard” per la diagnosi della malattia, che dimostra atrofia dei villi intestinali, ipertrofia delle cripte e presenza di infiltrato infiammatorio dell'epitelio. Nell’adulto, le linee guida indicano che la diagnosi va obbligatoriamente posta con l’esecuzione di questo accertamento. Anche nel bambino la biopsia duodenale è necessaria per la diagnosi, solo in alcuni casi selezionati la diagnosi può essere posta senza ricorrere alla biopsia.

     Una volta confermata la diagnosi di celiachia il trattamento è unicamente dietetico e consiste in un regime alimentare rigorosamente senza glutine. Questa dieta deve essere mantenuta per tutta la vita. I cibi esclusi vengono sostituiti da altri amidi o farine naturali che non contengono glutine (ad es riso, mais) o da prodotti aglutinati del commercio (ad es pane, pasta, pizza) certificati per assenza di glutine.

     Come si legge nella “Relazione annuale al Parlamento sulla celiachia anno 2017”, la corretta dieta senza glutine deve prevedere: 

A) alimenti e bevande non trasformati, quindi mono-ingrediente, che per loro natura non contengono glutine (es. acqua, carne, pesce, uova, frutta, verdura, legumi ecc.). Per tali alimenti l’assenza di glutine è scontata per cui la dicitura “senza glutine” in etichetta è illegittima e fuorviante perché induce il consumatore a credere che non sia una caratteristica comune di quella tipologia di alimento;

B) alimenti e bevande trasformati che per natura, composizione e processo di produzione non prevedono l’utilizzo di ingredienti contenenti glutine (es. latte, formaggio, olio, aceto, zucchero, miele, marmellata, confettura, gelatina di frutta ecc.); per tali alimenti l’assenza di glutine è scontata e non comprende varianti contenenti glutine. In questo caso la dicitura “senza glutine” è illegittima e fuorviante perché potrebbe indurre il consumatore a credere che non sia una caratteristica comune di quella tipologia di alimento;

C) alimenti e bevande trasformati che per tradizione nella ricetta/formula di produzione possono prevedere l’utilizzo di ingredienti contenenti glutine, ma che sono stati prodotti con ingredienti naturalmente privi di glutine (es. bevande a base di frutta, preparazioni a base di frutta, preparazioni a base di carne, preparazioni a base di pesce, preparazioni a base di verdure, preparati per brodi e sughi, dessert vari, zuppe, minestre e minestroni di cereali ecc.); per tali alimenti la dicitura “senza glutine” può essere utilizzata, perché questa tipologia di prodotti comprende varianti contenenti glutine. Tali alimenti possono vantare volontariamente in etichetta anche la dicitura “adatto alle persone intolleranti al glutine” o “adatto ai celiaci”;

D) alimenti trasformati che per tradizione nella loro composizione prevedono l’utilizzo di ingredienti contenenti glutine, ma che sono stati prodotti, preparati e/o lavorati appositamente con ingredienti naturalmente senza glutine o con ingredienti deglutinati (es. pane, pizza, pasta, biscotti e alimenti similari). Tali alimenti di fatto rappresentano i sostituti senza glutine degli alimenti che di solito il glutine lo contengono. In questo caso l’indicazione “senza glutine” può essere utilizzata volontariamente insieme alla dicitura “specificamente formulato per persone intolleranti al glutine” o “specificamente formulato per celiaci”.

     Il celiaco, una volta ottenuta una diagnosi certificata, deve seguire una dieta varia ed equilibrata ma rigorosamente senza glutine, il cui apporto energetico giornaliero da carboidrati come per tutti deve essere di circa il 55%, di cui però il 35% deve derivare da alimenti senza glutine (D), mentre il restante 20% deve provenire da alimenti naturalmente privi di glutine (A, B e C). Il celiaco potrebbe inoltre avere bisogno di assumere specifici integratori (es. calcio o vitamina D) se il loro apporto dietetico è insufficiente. Comunque è sempre necessario chiedere il parere di un professionista per assumere eventuali vitamine o integratori minerali da banco (Raccomandazione basata sull’esperienza del gruppo che ha prodotto la linea guida -Guidelines Development Group). 

  Sempre nella “Relazione annuale al parlamento sulla celiachia anno 2017” si continua a leggere che i cereali contenenti glutine maggiormente utilizzati come ingredienti negli alimenti sono i seguenti:

Tutti i cereali appartenenti al genere Triticum (es. grano tenero - triticum aestivum; grano duro - triticum durum; grano khorasan - triticum turanicum; spelta o farro grande - triticum spelta; farro o farro medio -triticum dicoccum; monococco o farro piccolo - triticum monococcum);
la segale;
l’orzo;
l’avena, che pur essendo considerata dalla normativa un cereale contenente glutine, rappresenta un caso particolare. Infatti prodotti a base di avena, specificatamente formulati per i celiaci, sono presenti nel Registro Nazionale dei prodotti erogabili.
Sono da escludere dalla dieta del celiaco, come riportato dal sito della Dietosystem: 
Frumento, farro, orzo, avena, segale, kamut, spelta, triticale, farine e amidi di tali cereali, primi piatti preparati con i cereali vietati (paste, paste ripiene, gnocchi, pizzoccheri, crepes…), pane e  prodotti sostitutivi da forno preparati con i cereali vietati (pan grattato, focaccia, pizza, piadine, panzerotti, grissini, crackers, fette biscottate, crostini, biscotti, merendine, pasticcini, torte…), germe di grano, couscous, bulgur, tabulè, crusca dei cereali vietati, malto dei cereali vietati, prodotti per prima colazione a base di cereali vietati (soffiati, in fiocchi, muesli, porridge…); 
Carne o pesce impanati, infarinati o cucinati in sughi o salse addensate con farine vietate;                               
•Yogurt al malto/cereali/biscotti, latte ai cereali o ai biscotti, bevande a base di avena;                                         
Minestroni con cereali vietati, verdure impanate, infarinate o in pastella, frutta disidratata infarinata; 
Caffè solubile o surrogati per il caffè, bevande a base di cereali vietati, orzo solubile; 
Birra da malto d’orzo e/o di frumento; 
Cioccolato con cereali, torte biscotti e dolci preparati con farine vietate;
Lievito naturale, seitan.  

     
     Un elenco completo degli alimenti permessi, vietati e a rischio è reperibile sul sito dell’Associazione Italiana Celiachia (CIA): http://www.celiachia.it/dieta/Dieta.aspx, a cui si rimanda. 

     Il paziente celiaco deve fare attenzione anche a tutti quegli alimenti che potrebbero contenere glutine in piccolissima percentuale o a rischio di contaminazione per i quali è necessario controllare gli ingredienti e i processi di lavorazione. Tale cura va dedicata anche alle etichette di farmaci e integratori che possono contenere sostanze simili al glutine o prodotti provenienti da cereali non sicuri. 
     Tra gli alimenti a rischio:  

Farine, fecole e amidi di cereali permessi, polenta, tapioca, prodotti per prima colazione a base di cereali permessi (soffiati, in fiocchi, muesli), cialde e gallette di cereali permessi, fibre vegetali e dietetiche, risotti pronti, crusca dei cereali permessi; 
Salumi e insaccati, conserve di carne, hamburger, pesce conservato, omogeneizzati di carne, pesce, prosciutto e/o formaggio; 
Panna a lunga conservazione, condita (ai funghi, al salmone…), montata, spray o vegetale, yogurt alla frutta cremosi o con aggiunta di addensanti, yogurt di soia, yogurt di riso, formaggi a  fette, fusi, spalmabili e light, latte in polvere, latte condensato, latte di crescita, bevande a base di latte, soia, riso o mandorle; 
Creme, budini, dessert, panna cotta, caramelle, canditi, cioccolato e creme spalmabili, dolcificanti, gelato, marmellate e confetture, marzapane, pasta da zucchero, torrone, croccante, zucchero a velo; 
Preparati per minestrone, zuppe e minestre con cereali permessi, verdure conservate e surgelate, omogeneizzati di verdure, frutta candita e caramellata, frullati e passate di frutta, omogeneizzati di frutta; 
Bevande light, bevande a base di frutta, frappè, preparati per bevande al cioccolato/cacao/cappuccino, sciroppi per bibite e granite, effervescente per bevande; 
Bevande alcoliche addizionate con aromi e altre sostanze, birre da cereali consentiti; 
Aceto aromatizzato, besciamella, burro e margarina light, sughi pronti, salse, dadi ed estratti per brodo, insaporitori aromatizzanti, aromi, colla di pesce, gelatina alimentare, lievito chimico e di birra, lecitina di soia, miso, salsa di soia, tofu; 
Integratori alimentari. 

     Infine ecco, dagli esperti, le regole d’oro per evitare la contaminazione dei cibi con il glutine, presenti sul sito della Fondazione Umberto Veronesi:
lavare le mani - dopo qualsiasi lavorazione con alimenti che contengono glutine è necessario lavarsi sempre le mani accuratamente;
luogo di lavorazione pulito o ad uso esclusivo - pulire con cura ogni superficie da eventuali residui di sostanze a rischio prima di cimentarsi nella preparazione di pietanze gluten-free;
attrezzi puliti o dedicati - particolare attenzione va posta anche alle attrezzature (padelle, teglie, griglie, friggitrici, piastre, impastatrici), minuterie (spatole, coltelli, cucchiai, mestoli e apriscatole) o contenitori da possibili occasioni e fonti di contaminazione. Anch’essi dovranno essere lavati a fondo o dedicati ad uso esclusivo;
acqua di cottura - i cibi senza glutine non dovranno essere cotti in pentole con acqua precedentemente utilizzata per pasta contenente questa sostanza, né per lessare verdure, o allungare risotti, sughi e preparazioni dedicate al celiaco;
olio - anche l’olio di frittura non deve essere stato utilizzato in precedenza per alcun prodotto contenente glutine;
uso del forno - si consiglia di utilizzare il forno per la cottura dei cibi con e senza glutine in tempi diversi.

Bibliografia

https://www.evidence.it/articolodettaglio/209/it/501/linee-guida-per-la-diagnosi-valutazione-e-trattamento-della-cel/bibliografia
http://www.celiachia.it/public/bo/upload/aic/doc/GU%20191%202015.pdf
http://www.celiachia.it/public/bo/upload/aic%5Cdoc/diagnosi_3_15.pdf
http://www.sicurezzaalimentare.it
http://www.celiachiaitalia.com/
Relazione annuale al parlamento sulla celiachia anno 2017  http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2808_allegato.pdf
“Linee guida diagnosi ed follow-up della celiachia”, Associazione Italiana Celiachia (AIC)
https://www.evidence.it/articolodettaglio/209/it/501/linee-guida-per-la-diagnosi-valutazione-e-trattamento-della-cel/articolo
https://www.nice.org.uk/
http://lineeguida.dsnetwork.it/
https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/alimentazione/la-dieta-e-la-terapia-la-celiachia#section-1

dott. Nicola M. Vitola



















Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...