Caro Leonardo Sinisgalli,
a più di trent’anni dalla tua morte,
dov’è finita la Lucania che apriva le lande al pellegrino che si affacciava ai
suoi valichi? Dove sono finiti i sentieri naturalistici di Giustino Fortunato?
Dove sono finiti i contadini di Rocco Scotellaro? Dov’è finito il dialetto
tursitano di Albino Pierro? Dov’è finito il pane che sapeva di grano di MarioTrufelli?
I volti disegnati da Carlo Levi sono
ormai ingialliti. Ai fuochi del Basento dei briganti di Raffaele Nigro si sono
sostituiti i fuochi delle trivelle dei pozzi petroliferi. Con i loro fori hanno
inquinato l’aria, il suolo e l’acqua, che rappresentavano le nostre vere ed
autentiche ricchezze. Le sorgenti d’acqua sgorgano nere ed oleose e i ruscelli
scorrono lenti e maleodoranti sulla terra ammalata. A forza di emendamenti
hanno svenduto la salute pubblica agli interessi delle compagnie petrolifere. Ci hanno riempito la
testa con le loro royalities e ci hanno fatto dimenticare la questione
meridionale dei nostri padri.
Hanno provato di tutto. Sotto le
Tavole Palatine, nella città delle filosofe di Metaponto, hanno tentato di creare la
pattumiera nucleare d’Italia. Hanno progettato anche un impianto di rifiuti
sulla ricca e fortunata riva dell’amato Sinni di Isabella Morra. La cittadella-santuario
di Serra di Vaglio è assediata da un esercito minaccioso di pale eoliche.
Volerà ancora il nibbio
all’orizzonte?
Planerà ancora il falco all’infinito sulla vetta del
Vulture?
Svolazzerà ancora la farfalla Bramea nella boscaglia
di Monticchio alla stagione degli amori?
Ci illudiamo ancora di mangiare cibi
sani e genuini, dimenticando antichi sapori. Ci illudiamo di respirare aria
pura e fresca, facendo finta di non accorgerci dell’inquinamento.
Alla tradizionale ospitalità del popolo lucano si è
sostituito un nuovo spirito commerciale. La concordia del vicinato è messa a
rischio dal parcheggio di un’auto.
Le monete rosse battute contro il muro sono state
sostituite da gettoni variopinti, ingoiati da macchine insaziabili, divoratrici
di risparmi.
Hanno programmato anche la futura
cancellazione geografica della regione, con la spartizione del territorio tra
Puglia e Calabria, lasciando la dea Mefitis, sull’altura rocciosa coronata di
querce nella macchia di Rossano, privata dei propri figli.
Caro Leonardo, mi dispiace dirtelo, la Basilicata è
stata ferita a morte! Non mi resta che fare mio, il tuo interrogativo “Io tornerò vivo sotto le tue piogge rosse. /
Tornerò senza colpe a battere il tamburo, / a legare il mulo alla porta, / a
raccogliere lumache negli orti. / Udrò fumare le stoppie, le sterpaie, / le
fosse, udrò il merlo cantare / sotto i letti, udrò la gatta / cantare sui
sepolcri?”
Nel tuo epitaffio declamavi, che
risorgerai “fra tre anni o tre secoli,
fra tempeste di grandine, nel mese di giugno”. Ecco, per allora, non so se
troverai la tua, la nostra Lucania ancora viva e vegeta. Di sicuro, la troverai
profondamente cambiata … in peggio!
Nicola Vitola
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