L’8 dicembre a Francavilla come in altri paesi della Basilicata, nel giorno dedicato dalla Chiesa Cattolica alla festa dell’Immacolata Concezione, è usanza spillare per la prima volta le botti del vino novello. Tale tradizione riempie...
...i miei ricordi dell’infanzia, quando da piccolo vedevo i “grandi” recarsi da una cantina a quella a fianco, per assaggiare il vino dell’uno e dell’altro, per poi ritirarsi barcollanti alle proprie abitazioni.
Sembrano indicati per tale occasione i versi del poeta dei contadini lucani Rocco Scotellaro “…
Beviamoci insieme una tazza colma di vino! / che all’ilare tempo della sera / s’acquieti il nostro vento disperato” (Sempre nuova è l’alba).
Di certo la ricorrenza del përtusavùttë è una tradizione antica, che nei piccoli paesi ancora resiste ed è un momento di festa ed aggregazione che anticipa il Natale. In alcuni centri, ad essere precisi, l’assaggio del vino novello avviene il giorno 11 novembre in onore di San Martino. In questo periodo occorreva finire il vino vecchio per pulire le botti e lasciarle pronte per la nuova annata. Al contempo si iniziava a bere il vino novello, secondo il proverbio “a San Martino ogni mosto diventa vino”.
Ma da dove deriva questa usanza del përtusavùttë? Come ebbe a scrivere il compianto avv. Luigi Viceconte nel suo Dizionario Dialettale di Francavilla sul Sinni, con questa consuetudine
“… Si perpetua, anche se in modo più sobrio e confacente, la tradizione dei baccanali dell’antica Roma”.
Ma non sembra essere proprio così. I baccanali erano festività a sfondo propiziatorio, il cui nome deriva da rituali dedicati a Bacco, il dio romano del vino e della vendemmia, ma anche del piacere e del divertimento sfrenato. Il suo culto risale alla Magna Grecia, dedicato al dio Dioniso degli ellenici. Già in epoca romana, ma probabilmente anche prima, era una festa orgiastica e misterica, ovvero riservata ai soli iniziati, con finalità mistiche, divenuta in un secondo momento (o forse ritornando alle origini) propiziatoria degli dei in occasione della semina e della raccolta delle messi. Nel 186 a.C., un'indagine senatoriale, e lo scandalo che ne conseguì, portò a una profonda riforma dei baccanali. Il Senato, dietro iniziativa di Marco Porcio Catone, emise un senatoconsulto, noto come Senatus consultum de Bacchanalibus al fine di sciogliere il culto con distruzione dei templi, confisca dei beni, arresto dei capi e persecuzione degli adepti. In seguito i baccanali sopravvissero come feste propiziatorie, ma senza più la componente misterica. Spesso coinvolgevano più popolazioni di un territorio che si riunivano per diversi giorni in un luogo simbolo, dove venivano praticati anche sacrifici animali.
Alla luce di queste considerazioni, il rituale del përtusavùttë poco si confà al culto sopra descritto e richiama invece, a mio parere, in maniera più netta e precisa la Meditrinalia, la festa del vino nell’antica Roma. Era celebrata l'11 ottobre ed era l’ultima festa dell’anno dedicata al vino, con cui si solennizzava la fine della stagione della raccolta dell’uva. La Meditrinalia si celebrava in onore di Giove e della dea Meditrina, patrona della festa. I partecipanti assaggiavano, forse mescolandoli insieme, il vino vecchio e quello nuovo, cioè il mosto, recitando formule destinate a portare la guarigione dalle malattie e augurandosi buona salute. Varrone e Festo ricordano che in tale occasione si beveva, recitando i versi:
"vetus novum vinum bibo/ veteri novo morbo medeor"(bevo vino vecchio e nuovo/ pongo rimedio ad un male vecchio e nuovo).
Così tutti mangiavano, bevevano e ringraziavano la Dea Meditrina, cioè la Madre Terra che li nutriva. Al vino nuovo, che sarebbe stato messo in commercio solo dopo la festa primaverile dei Vinalia Priora del 23 aprile,
Tratta dal libro di Luigi Viceconte “Il dizionario di Francavilla sul Sinni” |
si attribuivano quindi proprietà medicamentose, che avrebbero anche dato il nome alla festa.
Come si vede argomenti di discussione sull’origine del rito del përtusavùttë non ne mancherebbero, peccato solo non poterne discorrere direttamente con il caro Luigino, per ravvisare se poi anche lui convenisse con questa interpretazione.
Nicola M. Vitola
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