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sabato 25 luglio 2020

L'ALIMENTAZIONE AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

       Una premessa è doverosa. Il presente articolo non contiene fake news né è espressione della vanagloria personale né tantomeno intende gonfiare la cosiddetta “infodemia”, intesa come la circolazione di una quantità eccessiva di informazioni che rende difficile l’orientamento su un determinato argomento, ma tutte le notizie riportate derivano dall’Istituto Superiore di Sanità e sono...


scientificamente vagliate, allo scopo di favorire la promozione della salute nel contrastare la vulnerabilità nutrizionale. 
       E’ innegabile che il periodo che stiamo vivendo sia per la fase 1 che la fase 2 della pandemia dovuta al Covid-19 ha determinato, oltre alle importanti problematiche di natura sanitaria correlate strettamente all'infezione, un cambiamento delle abitudini alimentari della popolazione con un peggioramento della qualità alimentare. Ciò ha causato un ridotto consumo di prodotti tipici della dieta Mediterranea, quali frutta, verdura e legumi. 
       A tale proposito l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha fornito indicazioni nutrizionali misurate e precise riguardo ai cardini di un’alimentazione corretta e adeguata alla situazione pandemica. Tali raccomandazioni indicano un modello alimentare di tipo «mediterraneo», basato sull’assunzione prevalente di alimenti di origine vegetale e di un apporto soddisfacente di acqua, evitando al tempo stesso il consumo eccessivo di sale, zuccheri e grassi saturi.
       Nel corso della pandemia sono state diffuse attraverso siti web e social media molteplici notizie con riferimenti a sostanze naturali, integratori e supplementi di vario genere cui vengono attribuite proprietà taumaturgiche nel prevenire o favorire il superamento dell’infezione da coronavirus. E’ vero per esempio che lo zinco e la vitamina C sono micronutrienti funzionali alla efficienza del sistema immunitario. Ciò però non significa che una supplementazione dietetica o farmacologica di tali sostanze, al di sopra delle quantità raccomandate nell’ambito di una corretta alimentazione, necessariamente aumenti l’efficacia delle difese immunitarie e sia contemporaneamente esente da rischi.  Per quanto riguarda la vitamina D esistono alcune evidenze sperimentali e cliniche di azioni favorevoli sia sull’immunità innata che su quella acquisita. La questione assume un rilievo particolare per gli anziani. In questa popolazione lo screening diagnostico e la correzione dell’ipovitaminosi D sono indicati certamente in relazione alla salute e alla funzionalità del sistema scheletrico e muscolare, ma possibilmente anche a beneficio delle difese immunitarie.
       Un elemento molto interessante in relazione alla pandemia è l’eccesso di sodio alimentare, del quale si conoscono bene gli effetti nocivi sul sistema cardiovascolare ma poco o nulla in relazione alle difese immunitarie. E’ stato dimostrato tra l’altro che l’abuso di sale esercita azioni sfavorevoli sul microbiota intestinale, cioè la flora batterica considerata oggi parte integrante del nostro sistema immunitario.
       È obbligatorio ancora un riferimento all’abuso di alcol, di cui sono noti gli effetti nocivi sul sistema immunitario, sia per una singola assunzione, che è associata ad una precoce risposta proinfiammatoria seguita da un periodo di relativa deficienza immunitaria, sia soprattutto per un cronico abuso della sostanza, che impatta negativamente sia sui meccanismi dell’immunità innata che di quella acquisita.
       Per quanto riguarda i bambini, il mondo pediatrico è stato per fortuna poco toccato dalla pandemia attualmente in corso, sia in termini di numerosità dei contagi che di manifestazioni cliniche legate al COVID-19, ma lo stato di salute dei bambini è risultato comunque compromesso durante il lockdown prolungato. Questo ha determinato un incremento del tasso di obesità infantile, con effetti secondari cardio-metabolici negativi anche futuri, dovuto alla riduzione dell’attività fisica, dal contemporaneo incremento della sedentarietà in particolare legata all’uso di TV e computer e da un più frequente utilizzo di alimenti confezionati ipercalorici, dolci o salati, e di bevande zuccherate.
       In conclusione, è doveroso precisare che, ad oggi, non sono disponibili strategie terapeutiche basate sull'evidenza per prevenire l'incidenza o la gravità dell'infezione da COVID-19. Allo stesso modo, non esiste un singolo alimento che abbia dimostrato di prevenire le infezioni da COVID-19, come recentemente chiarito dall’OMS. Tuttavia, anche sulla base di ricerche precedenti su altre infezioni virali, è chiaro che lo stato nutrizionale svolge un ruolo significativo sugli esiti di salute dei pazienti.

                                                                                                   dott. Nicola M. Vitola

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