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martedì 30 giugno 2020

INTERVISTA A MARIO TRUFELLI

       La recente uscita del nuovo libro di poesie L'indulgenza del cielo (Osanna Edizioni) costituisce l’occasione per ricontattare e salutare l’autore e amico Mario Trufelli.
       L’ultima volta c’eravamo visti a Serra di Vaglio, un’area archeologica posta su un’acropoli naturale a 1100 metri d’altezza...


Mario Trufelli


un posto mistico tanto amato dall’autore, dove rifugge appena può, catturato dal paesaggio posto a dominio della valle del Basento e dalle mura megalitiche ricche di storia. In una giornata soleggiata e ventosa ci recammo al centro degli scavi per immaginare la vita degli uomini e della città, sfiorando i muretti di pietra che segnano le antiche divisioni. Fu anche l’occasione per parlarmi della sua amicizia con l’archeologo Dinu Adamesteanu, che per anni inseguì il progenitore dei lucani e a cui la montagna di Serra riservò sorprese memorabili, come scrisse nel suo libro “L’ombra di Barone – Viaggio in Lucania” lo stesso Trufelli, il quale in un’occasione me ne  regalò una breve lettura.

       Mario  mi accoglie come sempre con affetto, in nome della nostra vecchia amicizia. Gli faccio i complimenti, sinceri, per questo suo ultimo lavoro L'indulgenza del cielo e mi propongo per una spedita intervista, che accetta volentieri.

D: Parliamo del libro.
R: Questo libro ha una lunga storia. Il professor Franco Vitelli, critico ad alto livello, ha inserito nelle due sezioni di MALATERRA e di E' MORTO IL CANTASTORIE poesie del 1952, 1953 e 1954 estrapolate da un mio brogliaccio, che lui un giorno trent’anni fa se non di più, venendo a casa mia e curiosando tra le mie cose vide e decise di esaminare con calma. Da quel brogliaccio, che io consideravo una semplice raccolta di esercitazioni poetiche, lui ha tirato fuori le poesie che per me erano finite e completamente dimenticate, perché non ero convinto di quanto avevo scritto. Quando si è più giovani accade anche questo o si è convinti all’eccesso di una cosa scritta e allora diventa presunzione, ma nel complesso hai sempre qualche dubbio quando scrivi che sei giovane ed io mi portavo i dubbi sulle poesie che avevo scritto in quel brogliaccio e così con gioia lo diedi a Vitelli trenta e più anni fa. Questa è la cosa più simpatica che potevo dirti. Le poesie invece della prima sezione I CAVILLLI DELLA MEMORIA le ho composte negli ultimi anni. Molte di esse addirittura le ho scritte negli ultimi due anni, perché avevo una voglia folle di scrivere poesie e scrivevo quasi tutti i giorni.

D: La poesia Ombre credo sia la più recente.
R: Ombre è l’ultima poesia ed è sul Covid-19, di grande attualità. L’ho scritta appena due mesi fa, quando il libro era già quasi tutto stampato. E così chiamai urgentemente l’editore, che poi è riuscito ad inserirla in quarta di copertina, incastonata come un gioiello.

D: Il titolo L’indulgenza del cielo da dove deriva?
R: Dolce ironia, a 90 anni il cielo è ancora indulgente con me. Potrebbe anche essere un titolo “visionario”, come ha scritto simpaticamente Renato Cantore sulla Gazzetta del Mezzogiorno. Però io confermo che è un pizzico di ironia di un novantenne, che si affida ancora al cielo per continuare a vivere.

D: Da quanto tempo scrivi poesie?
R: Io scrivevo poesie già a 18-19 anni. Come si dice? Poeti si nasce e comunque non solo poeta, perché credo di aver fatto il giornalista anche a buon livello.

D: Che ci proporrai per il prossimo futuro?
R: Poesie e forse anche un racconto. Non mi fermo mai!

D: Dimmi qualcosa di Rocco Scotellaro e Leonardo Sinisgalli tuoi grandi amici.
R: Quando parlo di situazioni difficili e problematiche della Basilicata, lì c’è Rocco Scotellaro. Io avevo sei anni meno di Rocco e abbiamo vissuto insieme la vita a Tricarico. Nel mio romanzo Quando i galli si davano voce io trascrivo vita reale, vita vissuta. Quando Rocco uscì dal carcere, andai io ad aspettarlo assieme ai contadini e davanti ai Carabinieri. Rocco poi ha il merito di avermi fatto pubblicare nel Gennaio 1953 la prima poesia sulla rivista “Momenti” di neorealismo di Torino, dove all’epoca scriveva anche lui. Un giorno mi chiamò: “Ho saputo che scrivi poesie, oggi pomeriggio portamele a far vedere”. Ne scelse due o tre, le mise in una busta e scrisse l’indirizzo della rivista, quindi mi disse: “Ora mettici il francobollo e spediscila”. Ho vissuto intensamente con Rocco e poi ho vissuto intensamente sul piano umano con Leonardo Sinisgalli, amico fraterno, con cui ho vissuto grandi momenti.

Grazie Mario della tua amicizia e per quanto vorrai ancora donarci.

Nicola M. Vitola


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